Si tratta di un metaprogramma che ha un forte impatto sulla gestione del paziente, degli studenti, e persino dei figli, ma di questo parleremo in seguito. Oggi parliamo della definizione di questo metaprogramma, e ci divertiamo a mischiare un po’ le carte. Seguitemi!
Il metaprogramma referente interno o esterno esprime la modalità con cui si prendono decisioni: vale quello che penso io (interno) o mi serve il parere di qualcuno (esterno).
Ovviamente ciascuno di noi ha diversi schemi mentali, e può usare sia il referente interno che esterno a seconda delle situazioni. Si può essere, ad esempio, referente interno sul lavoro ed esterno in famiglia.
Si può comprendere quale delle due opzioni è in azione in base ad alcuni comportamenti, o risposte a specifiche domande, o utilizzo di alcune espressioni. Mi spiego meglio.
- Chi usa il referente esterno
beve i complimenti, ne ha bisogno.
Non è vanità: è semplicemente che il complimento gli indica se il mondo, o una specifica persona che in quel momento è il suo indice referenziale, approva la sua scelta o la sua azione.
- Chi, invece, usa il referente interno
può accettare o meno i complimenti, ma è il solo valutatore delle sue scelte e delle sue decisioni.
Come sai di aver fatto un buon lavoro?
- Lo so, e basta
(Referente interno)
- Lo valuto in base alle conseguenze
(Referente interno)
- Se il capo approva, è OK
(Referente esterno)
- Vedo come reagiscono il capo, i colleghi, i miei subalterni
(Referente esterno)
E ora giochiamo un po’.
La neurofisiologia ci dice che c’è un elemento determinante per valutare una buona scelta o una buona decisione: la scarica di dopamina che si produce nel nostro cervello.
Quindi, in pratica, chi usa il referente interno produce dopamina “in piena autonomia” mentre chi usa il referente esterno ha bisogno di una sorta di induzione esterna per scatenare la produzione di dopamina. E così il meccanismo, sia interno che esterno, si rinforza ad ogni occasione.