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Costruire torri o cattedrali?

Ciascuno, nella vita, costruisce. Tu cosa scegli: torri o cattedrali?

Siamo tutti costruttori, e passiamo la vita a costruire. Possiamo costruire guardando l’orizzonte, e realizzare ponti o muri, ma di questo parleremo in seguito.
Possiamo costruire guardando il cielo ed edificare torri o cattedrali.

C’è una profonda differenza tra una torre e una cattedrale, anche se entrambe svettano verso il cielo.

Una torre è un inno a se stessi, al punto che, al giorno d’oggi, ci sono torri che portano il nome del loro costruttore, anche se è colui che ha pagato in denaro e dimenticano o sacrificano chi, invece, ha usato il sudore e la fatica. Una torre è in gara con il cielo o, come la Torre di Babele, è una sfida a Dio, un inno all’ego. Coloro che costruiscono materialmente torri sono automi, coloro che commissionano torri sono egocentrici sfruttatori.
Non c’è creatività nel costruire materialmente una torre: il lavoro è uguale e ripetitivo. Non c’è passione nell’edificare una torre, se non per se stessi.
Chi desidera edificare torri mira alla vetta e dimentica che può raggiungerla solo col solido sostegno di chi sta sotto.

Qualcuno costruisce cattedrali.
Una cattedrale si crea solo lavorando tutti insieme, non si commissiona. Non si costruiscono cattedrali senza partecipare, senza sporcarsi le mani col lavoro. La cattedrale è il trionfo dell’artigiano, che partecipa dando il massimo anche quando la sua responsabilità è quella di creare il fregio troppo in alto per essere visto: lui sa che c’è, sa di averlo fatto, e sa che senza il suo lavoro l’insieme della cattedrale non sarebbe completa, non sarebbe così bella.
Chi costruisce cattedrali prende parte, in piena libertà, al lavoro comune e alla creazione divina.

Nel fabbricare torri si è felici del successo, nel costruire cattedrali si è felici del lavoro svolto.

Tu cosa scegli: torri o cattedrali?
Autore: Carla Fiorentini 19 gennaio 2025
La comunicazione non verbale e paraverbale sono in diretto collegamento con il nostro inconscio. Così, conoscere almeno i primi rudimenti di comunicazione non verbale aiuta a conoscere meglio gli altri, interpretare il loro pensiero, comprendere i loro bisogni. Aggiungo, per chi ha già qualche conoscenza di programmazione neurolinguistica, che la postura, i movimenti, il tono di voce, contraddistinguono le tre tipologie: visivo, uditivo e cinestesico. Ciò che, invece, probabilmente tutti sappiamo, ma non ci soffermiamo mai a riflettere in merito, sono i collegamenti tra stato d’animo ed elementi di comunicazione non verbale, e come questi possano davvero aiutarci a vivere meglio. È importante ricordare che esiste un collegamento reciproco tra stato d’animo e non verbale . Mi spiego meglio. Qualunque sia la nostra postura abituale, quando siamo tristi o preoccupati la nostra prima, spesso inconscia, reazione è quella di abbassare le spalle, incassare la testa, abbassare i bordi delle labbra (una sorta di sorriso al contrario). Quando siamo allegri la nostra postura è esattamente l’opposto. E allora? Testa alta, sorriso stampato, spalle bene in fuori: credetemi, non risolve i problemi, ma cambia subito l’umore, e lo spirito con cui affrontare quello che non va. Analogamente: se siamo in uno stato d’animo d’ansia il respiro si fa più corto e affrettato, il tono di voce più acuto e le parole escono molto più in fretta. Uno sforzo volontario per respirare a pieni polmoni, modulare il tono di voce e parlare più lentamente … e l’ansia si attenua. Provare per credere!
Autore: Carla Fiorentini 13 gennaio 2025
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