Convinzioni limitanti e Modelli mentali in ambito salute

Dopo aver dato una breve definizione di cosa sono le convinzioni limitanti e i modelli mentali vediamo come agiscono e influiscono nell’ambito della salute.

L’ambito salute è uno dei più complessi, e si presta benissimo ad esaminare come le convinzioni, limitanti o potenzianti, e i modelli mentali incidono sulla nostra vita.

E il primo modello mentale che dobbiamo riconoscere è cosa intendiamo per “salute”.

C’è chi si dispera ad ogni acciacco, chi è semplicemente grato di essere vivo. Ciascuno di noi ha malanni per cui si angoscia e problemi di salute che sottovaluta. Col tempo si diventa abitudinari anche nel preoccuparsi o nel prendere sottogamba qualunque problema. Riconoscere i nostri modelli mentali è indispensabile! Il nostro corpo, col supporto del cervello, sono infatti perfettamente in grado di indicarci cosa è meglio, cosa è opportuno fare, quando preoccuparci, cosa mangiare, … se solo fossimo capaci di ascoltare senza falsare i messaggi attraverso i modelli mentali!

Non sto parlando di malattie psicosomatiche, anche se esistono. Siamo “pieni” di malattie vere che sono in realtà complessi sintomi di qualcosa che non va, e siamo bravissimi sia a sopravalutare che a sottovalutare patologie, sintomi, problemi, …

E poi ci sono le convinzioni. Essere convinti di guarire, di aver trovato la cura efficace, aver fiducia nel medico, sono convinzioni potenzianti che vanno coltivate.

Viceversa dovremmo essere in grado di riconoscere ed eliminare le convinzioni limitanti, e sono tante.

Si va dal “nessun medico sa guarirmi” a “la medicina tradizionale non funziona”, dal bisogno di antibiotici per ogni minima cosa (e, globalmente, abbiamo così creato un gravissimo problema di antibiotico – resistenza) alla convinzione che alcuni cibi ci fanno male …

È assolutamente fondamentale essere pienamente consapevoli delle nostre convinzioni potenzialmente limitanti, ed essere disposti ad esaminarle e testarle costantemente. Perché da un lato è importante conoscersi, ma dall’altro è almeno altrettanto importante non farsi mettere in gabbia da ciò di cui siamo, per abitudine o comodità, convinti.
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La definizione di “ relazione di aiuto ” nasce nel 1951 quando Carl Rogers nel 1951 specificò che si tratta di " una relazione in cui almeno uno dei due protagonisti ha lo scopo di promuovere nell'altro la crescita, lo sviluppo, la maturità ed il raggiungimento di un modo di agire più adeguato e integrato ”. Carl Rogers è il fondatore del counseling . C’è spesso confusione tra relazione educativa e relazione di aiuto ma la confusione, a mio avviso, nasce in buona parte dal fatto che chi molto di quanto è stato scritto per argomentare le due tipologie di relazione nasce in ambito universitario e didattico, interessandosi più degli aspetti istituzionali che del lato pratico. Certamente chi educa aiuta, e chi aiuta educa , ma se ci riferiamo ad un contesto ben preciso, come quello dell’attività professionale quotidiana di un farmacista, ci sono alcune differenze molto specifiche. Ma in sostanza, serve davvero al farmacista conoscere le differenze? Il farmacista, in termini di comunicazione, svolge diversi ruoli e necessita di estrema flessibilità per passare da un ruolo all’altro o, meglio, per mettere in campo ogni volta le specifiche competenze che sono più utili. Per far meglio il proprio lavoro, o per affaticarsi meno nel farlo, è dunque utile conoscere e familiarizzare con i concetti basilari e le tecniche proprie di uno o dell’altro ruolo. Mi spiego meglio. Il farmacista vende . Non salute, ma prodotti. Le tecniche di vendita gli servono dunque per vendere meglio e anche per acquistare meglio, o saper controbattere ai venditori che incontra. Il farmacista consiglia . Il farmacista supporta il paziente e il medico per ottenere la massima adesione alle terapie. Il farmacista ha un importante ruolo sociale per migliorare salute e qualità di vita della popolazione. Le cose si complicano. Le tecniche di vendita non servono più, e in realtà non servono nemmeno quando il farmacista vuole passare dal puro atto di vendita alla più redditizia fidelizzazione del cliente. Ipotizziamo tre diverse situazioni, molto comuni nell’attività quotidiana. Il cliente presenta una prescrizione medica un po’ complessa e chiede aiuto per meglio comprendere e ricordare la posologia e la durata della terapia. In questo caso è ottimale far ricorso a tecniche di coaching , strumenti finalizzati al raggiungimento di uno specifico obiettivo. Il cliente ha un problema, non sa che fare, vuole suggerimenti e consigli, non sa neanche se andare dal medico o no. È preoccupato, ma confuso. È la classica situazione della relazione di aiuto. Il cliente ha un problema di salute. È sotto controllo medico, ma ha letto su qualche sito un po’ di tutto, sa che deve modificare il suo stile di vita o la sua alimentazione. Qui il farmacista passa al ruolo di educatore sanitario : chiarisce i dubbi, elimina le sciocchezze, fornisce suggerimenti. Ma quali sono le tecniche, le regole del gioco nei diversi ruoli? Un po’ di pazienza …
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