Cercate un collega simpatico e …

Tutti, sul posto di lavoro, siamo costantemente alla ricerca di colleghi simpatici, con cui siamo in sintonia. E poi?

È normale, umano, ovvio, che in qualunque posto di lavoro siamo alla ricerca di colleghi simpatici, con cui ci troviamo in sintonia. Ma poi, quando li troviamo, quando identifichiamo il o la potenziale amico o amica, moltissimi (mi verrebbe da dire la maggioranza) finiamo per instaurare un rapporto di lamentazione reciproca, in cui ciascuno si sfoga, si lagna, scarica addosso all’altro problemi e piagnistei.

Per carità, ognuno è libero di torturarsi e torturare il prossimo come più preferisce, e su questo fronte non mi sento assolutamente senza peccato, quindi non posso certo scagliare la prima pietra.

Posso, però dire che questo comportamento non è funzionale, né utile. All’amicizia? No, le amicizie hanno la bellissima caratteristica di svilupparsi in qualunque situazione. Questo comportamento è fortemente limitante e demotivante.

La motivazione, infatti, è sempre piuttosto fragile, soprattutto in questi tempi in cui sarebbe idiota negare che ci sono infiniti problemi da risolvere. La continua lamentazione, anche se vissuta come sfogo, finisce inevitabilmente per potenziare le difficoltà, ingigantendole mano a mano, e aumentando progressivamente la convinzione che non possiamo fare nulla per migliorare la nostra situazione.

Il collega – amico è la persona più “giusta”, proprio perché condivide il nostro modo di vedere le cose, per costruire qualcosa insieme, per studiare un progetto, anche una cosa minima, che permette di realizzare qualcosa in cui crediamo, o risolvere anche solo un piccolissimo problema.

Divertirsi in quello che si fa, o risolvere un piccolo problema, apportare anche solo un minuscolo miglioramento, è il modo migliore per creare motivazione, … vivere e lavorare meglio.

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La definizione di “ relazione di aiuto ” nasce nel 1951 quando Carl Rogers nel 1951 specificò che si tratta di " una relazione in cui almeno uno dei due protagonisti ha lo scopo di promuovere nell'altro la crescita, lo sviluppo, la maturità ed il raggiungimento di un modo di agire più adeguato e integrato ”. Carl Rogers è il fondatore del counseling . C’è spesso confusione tra relazione educativa e relazione di aiuto ma la confusione, a mio avviso, nasce in buona parte dal fatto che chi molto di quanto è stato scritto per argomentare le due tipologie di relazione nasce in ambito universitario e didattico, interessandosi più degli aspetti istituzionali che del lato pratico. Certamente chi educa aiuta, e chi aiuta educa , ma se ci riferiamo ad un contesto ben preciso, come quello dell’attività professionale quotidiana di un farmacista, ci sono alcune differenze molto specifiche. Ma in sostanza, serve davvero al farmacista conoscere le differenze? Il farmacista, in termini di comunicazione, svolge diversi ruoli e necessita di estrema flessibilità per passare da un ruolo all’altro o, meglio, per mettere in campo ogni volta le specifiche competenze che sono più utili. Per far meglio il proprio lavoro, o per affaticarsi meno nel farlo, è dunque utile conoscere e familiarizzare con i concetti basilari e le tecniche proprie di uno o dell’altro ruolo. Mi spiego meglio. Il farmacista vende . Non salute, ma prodotti. Le tecniche di vendita gli servono dunque per vendere meglio e anche per acquistare meglio, o saper controbattere ai venditori che incontra. Il farmacista consiglia . Il farmacista supporta il paziente e il medico per ottenere la massima adesione alle terapie. Il farmacista ha un importante ruolo sociale per migliorare salute e qualità di vita della popolazione. Le cose si complicano. Le tecniche di vendita non servono più, e in realtà non servono nemmeno quando il farmacista vuole passare dal puro atto di vendita alla più redditizia fidelizzazione del cliente. Ipotizziamo tre diverse situazioni, molto comuni nell’attività quotidiana. Il cliente presenta una prescrizione medica un po’ complessa e chiede aiuto per meglio comprendere e ricordare la posologia e la durata della terapia. In questo caso è ottimale far ricorso a tecniche di coaching , strumenti finalizzati al raggiungimento di uno specifico obiettivo. Il cliente ha un problema, non sa che fare, vuole suggerimenti e consigli, non sa neanche se andare dal medico o no. È preoccupato, ma confuso. È la classica situazione della relazione di aiuto. Il cliente ha un problema di salute. È sotto controllo medico, ma ha letto su qualche sito un po’ di tutto, sa che deve modificare il suo stile di vita o la sua alimentazione. Qui il farmacista passa al ruolo di educatore sanitario : chiarisce i dubbi, elimina le sciocchezze, fornisce suggerimenti. Ma quali sono le tecniche, le regole del gioco nei diversi ruoli? Un po’ di pazienza …
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