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A casa tutti bene?

Stili sociali – paziente espressivo

Storia
  • Buon giorno, dottore. Come sta? 
Il paziente traboccava energia e cordialità. Certo, era mio paziente da anni, ma come sempre non vedevo motivo per tutta quella confidenza.
  • Buon giorno a Lei. Mi dica.
  • Sono venuto per farle vedere le analisi di controllo. A me sembra che vadano bene. Ho chiesto anche il parere di mio cugino, quello che è medico in Francia. Si ricorda? Vi siete conosciuti a un congresso.
Intanto che guardavo le analisi, lui continuava a parlare.
  • Che bella famiglia ha lei, dottore. Guardavo la foto sulla scrivania. Certo, i ragazzi ormai saranno grandi. Studiano ancora? Vanno all'università?
Effettivamente le analisi andavano bene, ma era opportuno continuare la terapia. 

Domande
  • Indipendentemente dalla situazione clinica, che come sempre è totalmente inventata, e non ci interessa, a questo paziente prescrivereste la stessa terapia o una diversa? E perché?
Risposta
A questo paziente prescrivereste la stessa terapia o una diversa? E perché?
Il paziente manifesta le caratteristiche di uno stile sociale espressivo. In base a queste caratteristiche è opportuno, quando è possibile, evitare terapie ripetitive, e prescrivere invece sempre “l’ultima novità”.
Chi ha stile sociale espressivo, infatti, ama sentirsi al centro dell’attenzione, è espansivo, energico, ama coinvolgere ed essere coinvolto, fino al punto di far domande di carattere personale.
È sensibile al tema dell’innovazione, ama le novità; la sfida, il successo e ogni slogan o affermazione d’effetto. A fronte di una terapia ripetitiva rischia di perdere attenzione e ridurre la compliance, mentre proponendogli una terapia innovativa, magari suggerendo che volete il suo parere, massimizzate la sua partecipazione.

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Se due individui sono sempre d'accordo su tutto, vi posso assicurare che uno dei due pensa per entrambi. - Sigmund Freud.
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La comunicazione non verbale e paraverbale sono in diretto collegamento con il nostro inconscio. Così, conoscere almeno i primi rudimenti di comunicazione non verbale aiuta a conoscere meglio gli altri, interpretare il loro pensiero, comprendere i loro bisogni. Aggiungo, per chi ha già qualche conoscenza di programmazione neurolinguistica, che la postura, i movimenti, il tono di voce, contraddistinguono le tre tipologie: visivo, uditivo e cinestesico. Ciò che, invece, probabilmente tutti sappiamo, ma non ci soffermiamo mai a riflettere in merito, sono i collegamenti tra stato d’animo ed elementi di comunicazione non verbale, e come questi possano davvero aiutarci a vivere meglio. È importante ricordare che esiste un collegamento reciproco tra stato d’animo e non verbale . Mi spiego meglio. Qualunque sia la nostra postura abituale, quando siamo tristi o preoccupati la nostra prima, spesso inconscia, reazione è quella di abbassare le spalle, incassare la testa, abbassare i bordi delle labbra (una sorta di sorriso al contrario). Quando siamo allegri la nostra postura è esattamente l’opposto. E allora? Testa alta, sorriso stampato, spalle bene in fuori: credetemi, non risolve i problemi, ma cambia subito l’umore, e lo spirito con cui affrontare quello che non va. Analogamente: se siamo in uno stato d’animo d’ansia il respiro si fa più corto e affrettato, il tono di voce più acuto e le parole escono molto più in fretta. Uno sforzo volontario per respirare a pieni polmoni, modulare il tono di voce e parlare più lentamente … e l’ansia si attenua. Provare per credere!
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