Non ho alcuna intenzione di suggerire modelli educativi, al contrario, ritengo abbastanza corretto che un genitore ponga un freno ai figli, a scopo educativo. Ci sono dei no che aiutano a crescere, e si trovano molti bambini lasciati liberi di urlare VOGLIO e, troppo spesso, ottenere l’oggetto desiderato, che si rivelano poi maestri di maleducazione.
Ma poi, da adulti, le cose cambiano.
Mi rendo perfettamente conto che istillare un’abitudine da bambini e modificarla da adulti è molto più difficile che evitare di acquisire quell’abitudine, eppure tanti psicologi e pedagogisti concordano che al bambino è necessario porre limiti, insegnare il senso del dovere e della responsabilità, quindi da bambini si impara che l’erba voglio non cresce nemmeno nel giardino del re, e da adulti si impara a coltivarla.
E se adesso vi state chiedendo perché imparare a coltivarla, vi ringrazio della domanda: è proprio quello che voglio raccontarvi.
L’espressione voglio
è potente, proattiva, coinvolge tutto il nostro essere verso il risultato.
Dire voglio è, in positivo, potente quasi più che dire devo in senso coercitivo.
Volere ci aiuta a muoverci, ci proietta verso il desiderio, aiuta a trovare la strada per raggiungerlo.
Ma non c’è solo questo.
I miei voglio più importanti riguardano l’elaborazione di ciò che, un tempo, era espresso come devo o come vorrei.
Già, educazione severa, senso del dovere e della responsabilità, autostima piuttosto limitata, e il gioco è fatto: ero piena di costrizioni, e conseguentemente di frustrazioni, e molto timorosa nell’esprimere i miei desideri (ma, per fortuna, molto testarda). Così finivo per agire spinta da ciò che sentivo di dover fare, sempre in balìa di ciò che altri mi avevano costruito intorno. Poi mi sono stancata.
Non è stato facile: trasformare il devo in voglio, o non voglio, richiede impegno e una costante revisione interiore.
Bisogna valutare i propri sensi di colpa, le responsabilità, i propri valori, guardarsi allo specchio e sapere che se decido di non volere qualcosa che mi hanno insegnato come un dovere potrei anche ritrovarmi a sputarmi in un occhio.
Non è facile, ma estremamente liberatorio.
Esteriormente la mia vita cambiò pochino, continuai a fare molte cose che mi venivano più o meno imposte, ma ora le facevo perché avevo deciso io, eliminando totalmente le costrizioni. Un esempio pratico? Nella mia famiglia di origine avevano l’abitudine di convocarmi quando c’era un problema, anche se abitavo decisamente lontano (quasi 300km). E quei chilometri mi pesavano ogni volta che accorrevo, come se invece di percorrerli in macchina li avessi dovuti fare correndo a piedi. E ogni volta arrivavo e ripartivo con il mal di testa.
Poi mi sono resa conto che a volte lo facevo per puro amore verso mio padre, altre volte perché mi era più facile dire di sì piuttosto che ascoltare le recriminazioni e le imputazioni di non essere d’aiuto, altre ancora perché magari ero preoccupata e volevo verificare di persona. Cercare le motivazioni profonde era più impegnativo che dirmi “devo”. Ho continuato ad andare, quasi sempre, ma seguendo i miei motivi, non quelli degli altri, e non avete idea del senso di libertà che mi ha regalato tutto questo.
Una situazione analoga è quella dei desideri. Come tutti, desidero un mucchio di cose, non tutte materiali.
Per anni mi ho pensato che vorrei, desidero, mi piacerebbe che … Poi è arrivato il voglio.
I desideri si sono ridotti drasticamente. Provate a fere una lista, lunghissimo, con tutto ciò che vorreste, da un paio di scarpe nuove a perdere qualche kilo.
Poi riscrivete i desideri affermando “voglio!”. In genere ne rimangono meno del 10%. Ma su quei pochi vi impegnerete davvero!