L'anima 73414

Più che un articolo è un racconto, ma anche una confessione di ciò in cui credo

Un giorno San Pietro chiamò l’anima 73414 e disse: Devi rinascere!
L’anima lo guardò un po’ stranita Non è tanto che sono tornata qui. Perché devo già rinascere?
San Pietro rispose: Hai ragione. Mi sono espresso male. Tu hai già fatto grandi cose l’ultima volta, quindi vogliamo darti un’opportunità. C’è la possibilità di una bella sfida.

L’anima si mise a riflettere.
Potrei anche accettare, ma dovresti dirmi cosa mi aspetta. O, per lo meno, che lezione posso imparare.
Non so darti torto – rispose San Pietro. – Io adesso ti racconto. Però le regole le conosci: appena rinasci ti dimenticherai ciò che ti dico, e per quello che ricorderai non verrai creduta.
Tu che hai un senso del dovere così sviluppato, imparerai che vale meno dell’amore per te stessa. Tu che sei così impegnata ad aiutare, imparerai il valore dell’egoismo. Imparerai a chiedere aiuto. Avrai per padre un uomo favoloso, la cui famiglia trascina un debito karmico che la tua generazione dovrà saldare. Imparerai il valore della maternità universale non avendo né madre, né figli. Tu che hai saputo sacrificare la tua vita per gli altri, ora vivrai il dolore della morte altrui e saprai vedere il collegamento tra i due mondi. Tu che sei felice, dovrai passare attraverso l’infelicità.

L’anima 73414 ascoltava e pensava. Pensava e ascoltava.

San Pietro smise di parlare, e l’anima rimaneva impassibile: non sapeva decidere.
Persino San Pietro vedeva che la sua indecisione era sincera. Così aggiunse il carico da 90 sulla bilancia, sicuro che sarebbe stato decisivo e che l’anima avrebbe accettato. Doveva accettare! Quell’incarico era già stato rifiutato da ben 37 anime, e il tempo stringeva.
Finalmente San Pietro parlò:
OK! Scegli alcuni doni. Quali doni vuoi per accettare?
L’anima 73414 rimase ancora in silenzio.
San Pietro si stava incazzando.
Dì qualcosa!
Se mi offri dei doni di mia scelta, c’è la fregatura!
Non proprio. Tu scegli i doni, ma io decido dove e quando potrai usarli. D’accordo?
Sì. Se devo crescere senza la protezione di una mamma, voglio come dono l’empatia.
Aggiudicato. Ma dovrai imparare da sola a non farti sommergere dai guai altrui, a non farti travolgere, a schermarti.
Affare fatto. Se la mia vita sarà così difficile, voglio tanti amici veri. Non mi importa dei conoscenti: a quelli rinuncio volentieri. Voglio degli amici.
Concesso, ma alcuni di loro moriranno giovani, e tu sarai devastata dalla loro morte.

L’anima rimase basita. Era tentata di dire a San Pietro qualcosa di laico, tipo vaffanculo!
Aveva le parole sulla punta della lingua. E poi, improvvisamente, si fermò. E capì.

Il tempo è una variabile fugace. Meglio soffrire per aver perso una persona amata, che non dare e ricevere amore.
Così disse: OK!
E aggiunse
E poi voglio alcune frecce al mio arco: la curiosità, la tenacia e la fantasia.
A qual punto San Pietro aveva davvero fretta, così accettò tutte le richieste e disse VAI! Affare fatto!

E così la mia vita cominciò.
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La definizione di “ relazione di aiuto ” nasce nel 1951 quando Carl Rogers nel 1951 specificò che si tratta di " una relazione in cui almeno uno dei due protagonisti ha lo scopo di promuovere nell'altro la crescita, lo sviluppo, la maturità ed il raggiungimento di un modo di agire più adeguato e integrato ”. Carl Rogers è il fondatore del counseling . C’è spesso confusione tra relazione educativa e relazione di aiuto ma la confusione, a mio avviso, nasce in buona parte dal fatto che chi molto di quanto è stato scritto per argomentare le due tipologie di relazione nasce in ambito universitario e didattico, interessandosi più degli aspetti istituzionali che del lato pratico. Certamente chi educa aiuta, e chi aiuta educa , ma se ci riferiamo ad un contesto ben preciso, come quello dell’attività professionale quotidiana di un farmacista, ci sono alcune differenze molto specifiche. Ma in sostanza, serve davvero al farmacista conoscere le differenze? Il farmacista, in termini di comunicazione, svolge diversi ruoli e necessita di estrema flessibilità per passare da un ruolo all’altro o, meglio, per mettere in campo ogni volta le specifiche competenze che sono più utili. Per far meglio il proprio lavoro, o per affaticarsi meno nel farlo, è dunque utile conoscere e familiarizzare con i concetti basilari e le tecniche proprie di uno o dell’altro ruolo. Mi spiego meglio. Il farmacista vende . Non salute, ma prodotti. Le tecniche di vendita gli servono dunque per vendere meglio e anche per acquistare meglio, o saper controbattere ai venditori che incontra. Il farmacista consiglia . Il farmacista supporta il paziente e il medico per ottenere la massima adesione alle terapie. Il farmacista ha un importante ruolo sociale per migliorare salute e qualità di vita della popolazione. Le cose si complicano. Le tecniche di vendita non servono più, e in realtà non servono nemmeno quando il farmacista vuole passare dal puro atto di vendita alla più redditizia fidelizzazione del cliente. Ipotizziamo tre diverse situazioni, molto comuni nell’attività quotidiana. Il cliente presenta una prescrizione medica un po’ complessa e chiede aiuto per meglio comprendere e ricordare la posologia e la durata della terapia. In questo caso è ottimale far ricorso a tecniche di coaching , strumenti finalizzati al raggiungimento di uno specifico obiettivo. Il cliente ha un problema, non sa che fare, vuole suggerimenti e consigli, non sa neanche se andare dal medico o no. È preoccupato, ma confuso. È la classica situazione della relazione di aiuto. Il cliente ha un problema di salute. È sotto controllo medico, ma ha letto su qualche sito un po’ di tutto, sa che deve modificare il suo stile di vita o la sua alimentazione. Qui il farmacista passa al ruolo di educatore sanitario : chiarisce i dubbi, elimina le sciocchezze, fornisce suggerimenti. Ma quali sono le tecniche, le regole del gioco nei diversi ruoli? Un po’ di pazienza …
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