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Il metaprogramma Proattivo o Reattivo nella relazione con lo studente

Un supporto alla gestione dello studente

In un articolo precedente Il metaprogramma Proattivo o Reattivo abbiamo esaminato la teoria sul metaprogramma. Vediamo ora come può essere utile nell’interazione con lo studente, e magari anche con i colleghi.
Ci sono persone che prendono costantemente in mano il proprio destino. Ci sono persone che attendono gli eventi. Le prime vengono definite proattive, le seconde reattive.
  • La persona che usa il metaprogramma proattivo prende l’iniziativa, mentre chi usa il metaprogramma reattivo attende che la situazione sia matura, fa ottime e lunghe analisi.
Lo studente proattivo fa i compiti appena possibile, si fa interrogare quando vuole lui, ben prima delle scadenze previste, ma probabilmente non ha un rendimento costante perché si fa fuorviare da nuovi progetti e nuovi sogni. 
Lo studente reattivo arriva spesso all’ultimo momento, sia nel fare i compiti che nell’accettare l’interrogazione, ma in genere tende ad ottenere risultati abbastanza stabili, soprattutto se ritiene un problema andare male a scuola, e lui è bravissimo a risolvere problemi. 
Inutile chiedersi, o chiedere, qual è lo studente migliore! 
È invece possibile indurre lo studente ad ottenere maggiori risultati assecondando le sue modalità di pensiero e di espressione.
  • Per ottenere partecipazione dello studente proattivo sono utili modalità che assecondano e guidano il suo desiderio (o forse sarebbe meglio dire il suo bisogno) di agire, di essere attivo, ad esempio utilizzando espressioni del tipo:
Just do it (slogan Nike rivolto alle persone proattive)
Cosa aspetti? Deciditi e togliti dai piedi l’interrogazione. 
Sbrighiamoci, e facciamo un piano di recupero: prima cominci, prima puoi dedicarti ad altro!
  • Assecondando le sue modalità di pensiero e di espressione è possibile indurre anche lo studente reattivo a migliorare le sue performance, e ovviamente andranno usate espressioni completamente diverse, tipo:
Considera di farti interrogare: ormai è davvero ora!
È una fortuna aver scoperto ora che hai problemi con questa materia, così puoi recuperare in tempo.
Comincia con fare questo compito, poi esaminiamo attentamente e decidiamo il da farsi
E il seguito … alla prossima puntata

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La comunicazione non verbale e paraverbale sono in diretto collegamento con il nostro inconscio. Così, conoscere almeno i primi rudimenti di comunicazione non verbale aiuta a conoscere meglio gli altri, interpretare il loro pensiero, comprendere i loro bisogni. Aggiungo, per chi ha già qualche conoscenza di programmazione neurolinguistica, che la postura, i movimenti, il tono di voce, contraddistinguono le tre tipologie: visivo, uditivo e cinestesico. Ciò che, invece, probabilmente tutti sappiamo, ma non ci soffermiamo mai a riflettere in merito, sono i collegamenti tra stato d’animo ed elementi di comunicazione non verbale, e come questi possano davvero aiutarci a vivere meglio. È importante ricordare che esiste un collegamento reciproco tra stato d’animo e non verbale . Mi spiego meglio. Qualunque sia la nostra postura abituale, quando siamo tristi o preoccupati la nostra prima, spesso inconscia, reazione è quella di abbassare le spalle, incassare la testa, abbassare i bordi delle labbra (una sorta di sorriso al contrario). Quando siamo allegri la nostra postura è esattamente l’opposto. E allora? Testa alta, sorriso stampato, spalle bene in fuori: credetemi, non risolve i problemi, ma cambia subito l’umore, e lo spirito con cui affrontare quello che non va. Analogamente: se siamo in uno stato d’animo d’ansia il respiro si fa più corto e affrettato, il tono di voce più acuto e le parole escono molto più in fretta. Uno sforzo volontario per respirare a pieni polmoni, modulare il tono di voce e parlare più lentamente … e l’ansia si attenua. Provare per credere!
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