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I nemici della comunicazione

Esistono emozioni che danneggiano la nostra capacità di comunicare: i nemici della comunicazione.

Conoscere le tecniche di comunicazione, qualunque sia la scuola che seguiamo o qualunque sia il testo dove le apprendiamo, o qualunque sia il modo in cui le definiamo, è ritenuto importante (e lo è realmente) per migliorare le nostre relazioni interiori e interpersonali.

Io credo che ci sia anche un altro aspetto, che non va sottovalutato.

Conosco parecchie persone che, in condizioni normali, sono perfettamente in grado di spiegarsi e di ascoltare, parlano un italiano corretto, sono in grado di svolgere appieno il loro lavoro, sono sostanzialmente in pace con loro stessi e sanno relazionarsi correttamente con gli altri.
Poi, quando interviene uno dei nemici, hanno delle debacle terribili.
Una presentazione importante, un esame, un momento di crisi personale, una disgrazia o semplicemente un litigio li rendono inabili ad accedere alle loro capacità.

Ma questi eventi esterni sono solo un riflesso di nemici interiori: i nemici della comunicazione.

Ed è in questi momenti che la conoscenza delle tecniche diventa un supporto indispensabile.

Ormai tutti sappiamo usare un computer, ma solo chi ha una certa confidenza sa come reagire senza farsi prendere dal panico quando il gatto cammina sulla tastiera cancellando tutto ciò che era stato scritto.

La conoscenza delle tecniche e degli strumenti di comunicazione fornisce la confidenza necessaria per far fronte a qualunque emergenza, facendo sì che le competenze acquisite suppliscano autonomamente ed automaticamente alle carenze emotive nelle situazioni di rischio potenziale.

Ma chi sono i principali nemici della comunicazione?

Fondamentalmente quattro. Come i quattro cavalieri dell’apocalisse arrivano di soppiatto e ci creano gravi interferenze, seppure con modalità molto diverse tra loro:
  • paura
  • ansia
  • rabbia
  • invidia
Nei prossimi articoli vedremo come agiscono
Autore: Carla Fiorentini 19 gennaio 2025
La comunicazione non verbale e paraverbale sono in diretto collegamento con il nostro inconscio. Così, conoscere almeno i primi rudimenti di comunicazione non verbale aiuta a conoscere meglio gli altri, interpretare il loro pensiero, comprendere i loro bisogni. Aggiungo, per chi ha già qualche conoscenza di programmazione neurolinguistica, che la postura, i movimenti, il tono di voce, contraddistinguono le tre tipologie: visivo, uditivo e cinestesico. Ciò che, invece, probabilmente tutti sappiamo, ma non ci soffermiamo mai a riflettere in merito, sono i collegamenti tra stato d’animo ed elementi di comunicazione non verbale, e come questi possano davvero aiutarci a vivere meglio. È importante ricordare che esiste un collegamento reciproco tra stato d’animo e non verbale . Mi spiego meglio. Qualunque sia la nostra postura abituale, quando siamo tristi o preoccupati la nostra prima, spesso inconscia, reazione è quella di abbassare le spalle, incassare la testa, abbassare i bordi delle labbra (una sorta di sorriso al contrario). Quando siamo allegri la nostra postura è esattamente l’opposto. E allora? Testa alta, sorriso stampato, spalle bene in fuori: credetemi, non risolve i problemi, ma cambia subito l’umore, e lo spirito con cui affrontare quello che non va. Analogamente: se siamo in uno stato d’animo d’ansia il respiro si fa più corto e affrettato, il tono di voce più acuto e le parole escono molto più in fretta. Uno sforzo volontario per respirare a pieni polmoni, modulare il tono di voce e parlare più lentamente … e l’ansia si attenua. Provare per credere!
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