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Riflessioni della Carla

Stanca di consapeolezza?

Ti è mai capitato di pensare che BASTA, non ho più voglia di imparare, di lavorare su me stessa, di elaborare esperienze, di migliorarmi…

A me sì, ma non è una buona idea.


Ogni tanto mi capita di sognare: nella prossima vita desidero solo essere bella e stupida, senza avere dubbi, elaborare esperienze. Nessuna spiritualità, ricerca dei perché, zero apprendimento, consapevolezza, empatia.

È un sogno, ovviamente, legato al fatto innegabile che quando si lavora su se stessi, quando si scava, si trova tanta melma, c’è tanto fango da eleminare prima di arrivare all’acqua pura della sorgente. Sì, insomma, dentro di me ho trovato anche tanta merda.

Una volta mi sfogai con un’amica che mi disse “è impossibile. Nella crescita personale si può solo andare avanti”.


La spiegazione non mi aveva convinto.

Poi, come spesso succede nella vita, quando ti poni un dubbio, le risposte, prima o poi, arrivano.

Nessuna vita, nessun individuo, è esente da problemi, e la vita che a qualcuno, dall’esterno, può sembrare idilliaca, può essere un inferno per chi la vive.

La scelta, dunque, non è tra avere o non avere difficoltà nella vita, ma se affrontarle o accantonarle.

Conviene affrontarle.

No, il motivo, secondo me, non è quello di diventare migliori: ho una vera idiosincrasia per le graduatorie.

Però un valido motivo l’ho trovato, osservando me stessa e gli altri.

  • Durante la chemioterapia ho avuto per alcuni giorni la febbre a 40°: la mia parte conscia era davvero malconcia. Ed è stato in quei momenti che sono emerse esperienze e paure che, fino a quel momento, avevo accantonato e mi ero rifiutata di elaborare.
  • Ho visto verificarsi la stessa cosa in mio padre quando era entrato in coma e ora osservo fenomeni simili in mio marito quando si affacciano le crisi di deficit cognitivo.

Mi sembra quindi che ciò che non abbiamo elaborato ci assalga quando siamo più fragili, come se la natura ci spingesse verso la consapevolezza e solo la volontà, o il rifiuto, ci permettesse si accantonare. Per non elaborare le esperienze dobbiamo essere fortemente vigili, perché stiamo andando contro il desiderio più profondo della nostra anima: quello di imparare e crescere.

In pratica, se vogliamo invecchiare bene, vivere bene anche i momenti di fragilità, è essenziale assecondare i desideri dell’anima invece di quelli dell’ego, accettare di spalare fango e far emergere la sorgente di acqua pulita. 

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La comunicazione non verbale e paraverbale sono in diretto collegamento con il nostro inconscio. Così, conoscere almeno i primi rudimenti di comunicazione non verbale aiuta a conoscere meglio gli altri, interpretare il loro pensiero, comprendere i loro bisogni. Aggiungo, per chi ha già qualche conoscenza di programmazione neurolinguistica, che la postura, i movimenti, il tono di voce, contraddistinguono le tre tipologie: visivo, uditivo e cinestesico. Ciò che, invece, probabilmente tutti sappiamo, ma non ci soffermiamo mai a riflettere in merito, sono i collegamenti tra stato d’animo ed elementi di comunicazione non verbale, e come questi possano davvero aiutarci a vivere meglio. È importante ricordare che esiste un collegamento reciproco tra stato d’animo e non verbale . Mi spiego meglio. Qualunque sia la nostra postura abituale, quando siamo tristi o preoccupati la nostra prima, spesso inconscia, reazione è quella di abbassare le spalle, incassare la testa, abbassare i bordi delle labbra (una sorta di sorriso al contrario). Quando siamo allegri la nostra postura è esattamente l’opposto. E allora? Testa alta, sorriso stampato, spalle bene in fuori: credetemi, non risolve i problemi, ma cambia subito l’umore, e lo spirito con cui affrontare quello che non va. Analogamente: se siamo in uno stato d’animo d’ansia il respiro si fa più corto e affrettato, il tono di voce più acuto e le parole escono molto più in fretta. Uno sforzo volontario per respirare a pieni polmoni, modulare il tono di voce e parlare più lentamente … e l’ansia si attenua. Provare per credere!
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