Il medico e l'ascolto 1° parte

Esaminiamo alcuni comportamenti che si manifestano ascoltando.

Esistono diverse spiegazioni teoriche sull’ascolto, che possono essere considerate alternative o complementari (io preferisco ritenerle integrate o almeno integrabili). Conoscerle è interessante e utile.

Oggi qui parliamo di cose pratiche, quasi di elementi spiccioli: i comportamenti.

Ovviamente conoscere e applicare le tecniche per un ascolto ottimale induce ad avere alcuni comportamenti. Ma spesso è possibile fare anche il contrario: acquisire comportamenti adeguati ad un ascolto ottimale induce a migliorare il proprio ascolto, anche senza conoscerne le teorie retrostanti. E per molti risulta più semplice modificare un comportamento rispetto a studiare, comprendere e applicare una teoria.


I comportamenti che ciascuno di noi mette in pratica ogni giorno sono davvero tantissimi, e i comportamenti che possono aiutare ad ascoltare, o contrastare l’ascolto, sono molti, al punto che ne ho scelto 25 (sì, 25!) per realizzare un test che valuta la nostra propensione all’ascolto.

Esamino qui, in questo e altri articoli, i comportamenti che possono aiutare il medico ad ascoltare, e, di conseguenza, il paziente a sentirsi ascoltato e accolto.


  • Prestare attenzione ai segnali non verbali emessi dagli interlocutori: sappiamo tutti che la comunicazione è composta da una parte verbale, una parte non verbale (gesti, posizioni, movimenti) e una parte paraverbale (tono, volume e frequenza).
    Molti dei segnali non verbali non hanno valore assoluto, ma relativo: se una persona parla in fretta non è necessariamente ansiosa o stressata, ma se durante la conversazione comincia a parlare molto più in fretta di quanto faceva prima è molto probabile che la sua ansia o il suo stress stiano aumentando.
    Se una persona sta a braccia conserte potrebbe semplicemente avere freddo anziché esprimere chiusura, ma se, a fronte di alcuni argomenti, cambia posizione e incrocia le braccia (e magari anche le gambe) è molto probabile che l’argomento affrontato la stia infastidendo. Ecco quindi che un buon ascoltatore osserva i segnali non verbali e si accorge quando il non verbale non è in armonia con le parole.


  • Mantenere la concentrazione senza lasciarsi distrarre da suoni o rumori. Il cellulare che squilla, un messaggio che arriva, e si perde la concentrazione. L’interlocutore se ne accorge, e si sente abbandonato. Questa potrebbe essere la sintesi di ciò che avviene oggi in moltissimi incontri tra medico e paziente, ed è il motivo principale per cui il paziente non si sente ascoltato. Ma sicuramente l’ascoltatore perde qualcosa delle parole dell’altro.


  • Ascoltare senza giudicare. La sospensione del giudizio (definizione data da Peter Senge del MIT di Boston) è uno degli elementi più carenti oggi, e più indispensabili per una buona collaborazione, di qualunque tipo. Il giudizio è sempre in agguato, e imparare a non giudicare è spesso difficile. Eppure è indispensabile. Perché chi parla si accorge impercettibilmente di essere giudicato. E soprattutto perché chi ascolta, se giudica, blocca una parte delle informazioni (tutte quelle non coerenti con il giudizio emesso).


  • Lasciare spazi di riflessione e concentrazione agli interlocutori senza incalzarli. Ci sono persone che parlano molto più lentamente di quanto vorremmo. Ci sono persone che usano fiumi di parole per esprimere qualunque concetto. Ci sono persone che risalgono ad Adamo ed Eva per raccontare ogni cosa. Ci sono persone che perdono il filo di ciò che stanno dicendo, o almeno a noi sembra così. Ci sono persone che improvvisamente si fermano, smettono di parlare, e poi ricominciano. Sollecitare, in qualunque forma, o dare segni di impazienza  significa non saper ascoltare, e rischiare di perdere informazioni. (a meno che la comunicazione non diventi improvvisamente disfunzionale).


  • Ripetere con parole diverse i concetti espressi dagli interlocutori. Le parafrasi sono una vera manna dal cielo per ogni buon ascoltatore. Meglio ancora che la parafrasi contiene qualche metafora. Si dimostra di aver capito, si è certi di condividere e aver chiaro ciò che è stato detto, e se si sta guidando il dialogo sono anche utili per uscire da una comunicazione confusa o disfunzionale. Fatene ampio uso!

E … il seguito alla prossima puntata.


Autore: Carla Fiorentini 12 ottobre 2025
Se facessimo una classifica di pazienti modello gli italiani non sarebbero certo ai primi posti, lo sappiamo da anni. Sappiamo che gli italiani si auto riducono i dosaggi, terminano le cure prima di quanto ha detto il medico, non rispettano le posologie, … Ora, a tutto questo, si è aggiunta una sorta di auto-riduzione dei farmaci prescritti. Ma il vero problema è che ora tutto ciò che già accadeva, e molto di più, è originato dalle difficoltà economiche in cui versano molti italiani. E se prima le autoriduzioni di posologia o durata della terapia erano frequenti soprattutto nelle patologie acute, oggi la rinuncia alla terapia, o la sua drastica riduzione, avviene soprattutto nelle patologie croniche. E raramente il medico è a conoscenza della situazione: il paziente non ha la forza, o il coraggio, di dichiarare al medico la sua realtà. Ancora una volta, dunque, è il farmacista colui che ha maggiormente il polso della situazione, e che è chiamato, sebbene non ufficialmente, a supportare il paziente. Cosa può dunque fare il farmacista? Il mio parere personale è di creare una vera e propria rete di allerta, sostegno e valutazione che coinvolga il farmacista “di quartiere” e il medico di base, che abbia anche la possibilità di intervento reale nel fornire farmaci a chi, davvero, rinuncia alle terapie per motivi economici. È un sogno, lo so. Rimanendo su azioni concrete credo che il farmacista possa fare molto con le sue capacità di sostegno e consiglio, senza sostituirsi al medico. Credo anche che il futuro sia nello sviluppo di competenze di coaching per il medico e il farmacista. Competenze che permettono di motivare il paziente, supportarlo durante la terapia, finalizzare le cure, e ridurre anche i costi in numerose sfaccettature del sistema sanitario consentendo così di ricavare risorse per fornire terapie totalmente gratuite a chi, altrimenti, non può permettersele. Un sogno anche questo, ma più facile da raggiungere rispetto al precedente.
Autore: Carla Fiorentini 28 settembre 2025
Non è, ovviamente, mia intenzione dare consigli su rimedi della nonna, antiche ricette o terapie alternative, ma solo riflettere, e farvi riflettere, su come rispondere al paziente che vi racconta di cure di supporto che, a lui, appaiono tanto efficaci. Le situazioni sono molteplici, e i rimedi sono infiniti. Si va dai consigli alimentari alle cure palliative, dai decotti alle sciarpe rosse: si usa di tutto e si sente di tutto. Talvolta sono i rimedi della nonna, altre volte sono antiche ricette lette su qualche rivista di salute, o consigli letti sul web o ricevuti da qualche amico. Siatene certi: la maggior parte dei vostri pazienti fa uso di qualche rimedio, integratore, elemento salutistico o alimento prodigioso, sia che ve lo racconti sia che stia in totale silenzio . Ci sono gli alimenti salutari, le medicine alternative, i rimedi tramandati in famiglia, le pubblicità … È chiaro che il medico dovrà valutare caso per caso, ma ci sono alcune raccomandazioni (dettate dal buon senso, oltre che dallo studio della comunicazione) che valgono sempre. Il primo consiglio è che è sempre meglio sapere tutto quello che il paziente assume o fa, soprattutto se siete il medico di famiglia che tiene le fila della sua storia clinica. Se contestate, sminuite, rifiutate o ridicolizzate ogni rimedio che i vostri pazienti ritengono efficaci ciò che otterrete non sarà l’eliminazione delle aggiunte, palliative o terapeutiche, ma solo e semplicemente il paziente smetterà di raccontarvi ciò che assume . Il secondo consiglio, strettamente correlato al primo, è che l’effetto placebo, nelle sue diverse forme, è un fattore fondamentale per la guarigione, di qualunque malattia. Visto che parliamo di rimedi della nonna citerò le parole di mia nonna, quando mi trovò (avevo circa un anno) a mangiare i chicchi d’uva raccolti da terra poiché non arrivavo ai filari: quel che non strozza, ingrassa. Quello che non fa male, va bene. Imparate quindi ad accettare quei rimedi che non fanno alcun danno, e accettateli di buon grado. Eliminate, invece, drasticamente ciò che è rischioso o, meglio ancora, sostituitelo con qualcosa che sia innocuo o davvero di supporto. Potrete così mantenere alto l’effetto placebo e, contemporaneamente, conservare la fiducia del vostro paziente e un alto livello di dialogo.
Autore: Carla Fiorentini 28 settembre 2025
Un pizzico di teoria utile in un video
Autore: Carla Fiorentini 7 settembre 2025
Dal mio libro Quattro passi in galleria- quando non vedi la fine del tunnel, arredalo , che si può acquistare on line oppure ordinare in libreria, Il racconto del momento in cui sono stata costretta a tagliare i capelli, che sarebbero caduti (tutti!) con la chemioterapia
Autore: Carla Fiorentini 7 settembre 2025
Riflessioni
Autore: Carla Fiorentini 4 settembre 2025
Dopo una laurea in chimica e tecnologie farmaceutiche e oltre 20 anni di carriera in aziende farmaceutiche multinazionali, e continuando ad aggiornarmi anche da quando faccio la libera professione, credevo si sapere molto sui placebo e sull’effetto placebo. Ma questo libro mi ha affascinato e fatto fare nuove scoperte fin dalle prime pagine. I suoi pregi sono moltissimi. I pregi pratici: è piccolo, leggero, economico. Può essere messo in borsa e letto ovunque. E anche queste piccole cose non sono da sottovalutare. È scritto benissimo. Si pone l’obiettivo di essere un testo divulgativo, e lo è davvero . Ricchissimo di cultura e di riferimenti storico – letterari – filosofici manca totalmente di pomposità o frasi contorte che spesso si trovano in questo tipo di libri. Qui c’è la cultura vera. Einstein diceva “ Non hai veramente capito qualcosa fino a quando non sei in grado di spiegarlo a tua nonna ”, affermazione che condivido appieno perché chi sa davvero sa anche semplificare i concetti. Fabrizio Benedetti sa. Sa spiegare, sa affascinare. E il libro è anche affascinante per i contenuti, il rigore scientifico. È imperdibile per tutti coloro che lavorano in ambito salute, ed è utile per tutti.
Autore: Carla Fiorentini 4 settembre 2025
Il titolo completo del libro è Intelligenza emotiva Cos’è e perché può renderci felici. Daniel Goleman è sicuramente il più autorevole esperto mondiale di intelligenza emotiva. Il libro viene talvolta dichiarato “fuori catalogo”, ma vi assicuro che si trova ancora, sia in libreria che per gli acquisti on line. Queste le notizie pratiche. E poi, che dire? È interessante, scritto bene, leggibilissimo. E, soprattutto, imperdibile per chiunque abbia interesse per le relazioni umane, per chi educa, collabora o guida altri esseri umani.
Autore: Carla Fiorentini 30 agosto 2025
Un libro meraviglioso e, credo, particolarmente utile in questo periodo in cui la scuola va protetta, ripensata, resa più utile…
Autore: Carla Fiorentini 8 giugno 2025
Non sono pazza: l’attuale presidente degli USA ha di fatto rinunciato al potere.
Autore: Carla Fiorentini 16 marzo 2025
Spesso le diverse parti di noi discutono tra loro ...
Show More