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Leadership in classe: cos’è la leadership

Si parla molto di leadership, ma c'è anche parecchia confusione 

Esistono molti testi, scuole, corsi, che definiscono e lavorano sulla leadership. Ammetto che esiste anche tanta confusione, compreso il significato che viene attribuito al termine leadership
Spesso ho trovato l’uso del termine carisma come sinonimo di leadership. Non sono d’accordo!

La leadership è la gestione di colui che esercita un ruolo di guida. è flessibile, modulabile, variabile. Esistono stili di leadership personali, ed esistono stili di leadership più utili in determinate situazioni, al punto che oggi il leader più positivo è quello che sa cambiare il proprio stile di leadership in funzione del momento, del gruppo che sta guidando, dell’obiettivo da raggiungere e di cosa sta facendo il gruppo.

Il carisma è un’altra cosa. Tant'è vero che esiste uno stile di leadership che viene definito “carismatico”. Se i due termini fossero sinonimi tale definizione non avrebbe senso perché equivarrebbe a definire che una tavoletta di cioccolata è cioccolatosa.
Carisma è, letteralmente, il dono divino di affascinare gli altri, nel senso più ampio e totale del concetto di fascino.
Il termine carisma esiste anche in lingua inglese (charisma) e viene ritenuto sinonimo di “magnetismo”.
Chi ha carisma è considerato in contatto diretto con Dio, o con un più ampio senso di illuminazione e elemento Divino. O forse dovremmo ampliare ancor più il concetto e dire che il leader carismatico è in contatto diretto con l’ultraterreno, visto che a volte sembrano essere più in contatto col diavolo che con Dio (Hitler era indubbiamente un leader carismatico!).

Digressioni a parte, ogni insegnante è chiamato ad esercitare la sua leadership nella gestione della classe. E per farlo al meglio, nel modo più utile, è opportuno che conosca gli stili di leadership, identifichi il suo stile abituale, ed impari ad essere flessibile. Ma questa è un’altra storia!

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La comunicazione non verbale e paraverbale sono in diretto collegamento con il nostro inconscio. Così, conoscere almeno i primi rudimenti di comunicazione non verbale aiuta a conoscere meglio gli altri, interpretare il loro pensiero, comprendere i loro bisogni. Aggiungo, per chi ha già qualche conoscenza di programmazione neurolinguistica, che la postura, i movimenti, il tono di voce, contraddistinguono le tre tipologie: visivo, uditivo e cinestesico. Ciò che, invece, probabilmente tutti sappiamo, ma non ci soffermiamo mai a riflettere in merito, sono i collegamenti tra stato d’animo ed elementi di comunicazione non verbale, e come questi possano davvero aiutarci a vivere meglio. È importante ricordare che esiste un collegamento reciproco tra stato d’animo e non verbale . Mi spiego meglio. Qualunque sia la nostra postura abituale, quando siamo tristi o preoccupati la nostra prima, spesso inconscia, reazione è quella di abbassare le spalle, incassare la testa, abbassare i bordi delle labbra (una sorta di sorriso al contrario). Quando siamo allegri la nostra postura è esattamente l’opposto. E allora? Testa alta, sorriso stampato, spalle bene in fuori: credetemi, non risolve i problemi, ma cambia subito l’umore, e lo spirito con cui affrontare quello che non va. Analogamente: se siamo in uno stato d’animo d’ansia il respiro si fa più corto e affrettato, il tono di voce più acuto e le parole escono molto più in fretta. Uno sforzo volontario per respirare a pieni polmoni, modulare il tono di voce e parlare più lentamente … e l’ansia si attenua. Provare per credere!
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