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Il metaprogramma verso e via da nella relazione con il paziente

La PNL ha definito e studiato i metaprogrammi, uno dei quali è particolarmente utile per comprendere e motivare il paziente

Ho trovato varie definizioni di “cosa sono” i Metaprogrammi: scorciatoie di pensiero, euristiche di pensiero, programmi interni che l'individuo utilizza (spesso a livello non consapevole) per decidere verso cosa ed in che modo dirigere la propria vita, mappe delle mappe, metastrategie, automatismi attraverso cui una persona decide quale strategia adottare.
Io penso ai Metapogrammi come attitudini e abitudini che in condizioni di dilemma indirizzano spontaneamente le nostre scelte, le nostre strategie e i nostri comportamenti.
Sono stati codificati moltissimi metaprogrammi e il loro studio e la loro applicazione trova impiego ad esempio nella negoziazione e nella gestione della leadership. 
Ma in questo momento ce ne interessa uno, particolarmente importante nella gestione della malattia: Verso e Via da.

Possiamo suddividere le persone in due gruppi:
  • Verso = coloro che si attivano se spinti verso un obiettivo, desiderosi di raggiungere qualcosa di cui vedono i lati positivi
  • Via da = coloro che si attivano per fuggire da un problema, evadere da una situazione di cui vedono i lati negativi
Alcuni testi identificano i “verso” come ottimisti e vincenti, e i “via da” come pessimisti e perdenti, ma sinceramente questa definizione mi sembra limitativa e pregiudizievole.

Partiamo dal presupposto che è più opportuno convincere gli altri a fare qualcosa anziché costringerli o condizionarli, anche se si tratta di fare qualcosa per il loro stesso bene. E con il termine “opportunointendo che è più semplice, richiede meno energie, si raggiungono risultati migliori ed è eticamente più consono. Persino nell’educazione dei bambini se si agisce attraverso la costrizione si ottengono dei ribelli o delle persone carenti di autonomia, mentre la convinzione, pur corredata da regole ferree, porta a risultati migliori!

Nell’ambito della salute il paziente “verso” tende spontaneamente all’obiettivo della guarigione, mentre il paziente “via da” tende invece a fuggire dai dolori o dalle limitazioni imposte dalla malattia.
Per aiutare le due tipologie è pertanto utile modulare le argomentazioni, diversificandole per guidarli secondo la linea del minimo sforzo.
La malattia, però, è una delle esperienze più “devastanti” per l’essere umano ed è una delle poche condizioni che alterano le abitudini e influenzano i comportamenti spontanei.
  • Poniamo il caso di un paziente “verso” che si trova improvvisamente talmente colpito da una patologia, soprattutto se dolorosa o addirittura letale, da ribaltare il suo modo di vedere il mondo. Improvvisamente il futuro è incerto, e il suo atteggiamento verso è addirittura controproducente poiché lo porta a pensare inevitabilmente alla morte. O, nel caso del dolore, per una rara volta nella sua vita è decisamente fondamentale fuggire dallo stato doloroso, non importa come. Ed è tanto importante da prevaricare il desiderio di andare verso qualcosa, l’importante è il via dal dolore.
Il compito del terapeuta, degli operatori sanitari, del farmacista o del caregiver, si fa in questi casi estremamente più complesso poiché non solo non può più far leva su un’attitudine spontanea del paziente, ma il paziente stesso vede il suo mondo ribaltato, quindi non può più attingere alle normali risorse. In questi casi il paziente va trattato tramite la tecnica del ricalco e guida come se fosse in preda ad una crisi di ansia.
  • Poniamo invece il caso di un paziente “via da” alle prese con una patologia non dolorosa e non visibile che, almeno all’inizio, non comporta sintomi da cui fuggire. Anche in questo caso mancano gli appigli spontanei e non può far leva sulle attitudini del paziente. Inutile far presente che la malattia potrà peggiorare e allora i sintomi si faranno sentire: il paziente via da non riesce a porsi nella giusta prospettiva di andare verso un problema maggiore di quello che ha.
In questi casi sarà in primo luogo importante (linguaggio, domande strategiche, tecniche di coaching) far capire al paziente che è malato e che deve curarsi. A tal fine vengono in aiuto le tecniche da usare in base ai diversi stili sociali spiegati precedentemente e sarà anche opportuno evidenziare con dovizia di particolari la sintomatologia dell’aggravarsi della patologia per far sì che il paziente la riconosca il prima possibile.

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Se due individui sono sempre d'accordo su tutto, vi posso assicurare che uno dei due pensa per entrambi. - Sigmund Freud.
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La comunicazione non verbale e paraverbale sono in diretto collegamento con il nostro inconscio. Così, conoscere almeno i primi rudimenti di comunicazione non verbale aiuta a conoscere meglio gli altri, interpretare il loro pensiero, comprendere i loro bisogni. Aggiungo, per chi ha già qualche conoscenza di programmazione neurolinguistica, che la postura, i movimenti, il tono di voce, contraddistinguono le tre tipologie: visivo, uditivo e cinestesico. Ciò che, invece, probabilmente tutti sappiamo, ma non ci soffermiamo mai a riflettere in merito, sono i collegamenti tra stato d’animo ed elementi di comunicazione non verbale, e come questi possano davvero aiutarci a vivere meglio. È importante ricordare che esiste un collegamento reciproco tra stato d’animo e non verbale . Mi spiego meglio. Qualunque sia la nostra postura abituale, quando siamo tristi o preoccupati la nostra prima, spesso inconscia, reazione è quella di abbassare le spalle, incassare la testa, abbassare i bordi delle labbra (una sorta di sorriso al contrario). Quando siamo allegri la nostra postura è esattamente l’opposto. E allora? Testa alta, sorriso stampato, spalle bene in fuori: credetemi, non risolve i problemi, ma cambia subito l’umore, e lo spirito con cui affrontare quello che non va. Analogamente: se siamo in uno stato d’animo d’ansia il respiro si fa più corto e affrettato, il tono di voce più acuto e le parole escono molto più in fretta. Uno sforzo volontario per respirare a pieni polmoni, modulare il tono di voce e parlare più lentamente … e l’ansia si attenua. Provare per credere!
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