Parafrasi mirate
Come fare una parafrasi per dimostrare al paziente di averlo capito
Storia
Due diverse pazienti vanno dal medico e raccontano il loro problema.
- Il problema è cominciato la settimana scorsa. Giovedì mi sono svegliata piena di ponfi, rossi, pruriginosi. Non può essere un problema alimentare perché io mi alimento in modo sano: zuccheri al mattino, carboidrati e fibre a mezzogiorno, proteine e fibre la sera. Sì, faccio uso di integratori, ma prevalentemente Sali minerali. Oltre a questi ponfi, ho un grave problema di xerosi cutanea, che si accentua occasionalmente, apparentemente senza motivazioni. Inizialmente mi sono limitata ad usare una crema idratante e lenitiva, ma con il protrarsi del problema ho dato un corticosteroide, ma ho preferito usare uno di quelli poco potenti, un OTC. Eppure il quadro è rimasto immutato.
- Sono mesi che ho questo problema, ma all’inizio non ci ho quasi fatto caso. La pelle un po’ più unta, soprattutto attorno al naso, ma pensavo fosse qualcosa che avevo mangiato. Poi ho cominciato a spellarmi, e ogni tanto avevo delle chiazze rosse, soprattutto in faccia. Sì, a volte mi gratto, ma quasi senza accorgermene. Dieci giorni fa è peggiorato, e ho dato una di quelle creme di cui fanno pubblicità alla televisione, quello contro il bruciore e gli arrossamenti. Poi ho chiesto in farmacia, ma volevano darmi il cortisone, e io non lo voglio. Così sono venuta da lei.
Domande
Non preoccupatevi minimamente del significato clinico – diagnostico di ciò che viene detto!! Si tratta di un esempio che, dal punto di vista medico, è totalmente assurdo.
Sintetizzate ciò che dice ciascun paziente con parafrasi che dimostrino che avete ascoltato con attenzione.
Risposta
La parafrasi sono uno strumento basilare nell’ascolto attivo.
Una parafrasi ben costruita
- usa lo stesso linguaggio del filtro sensoriale del paziente
- usa un linguaggio adeguato al livello culturale del paziente
- riporta tutti i fatti
- parafrasa le opinioni esplorandole per comprenderle meglio
Qui di seguito trovate le parafrasi ai racconti dei pazienti che rispettano le regole indicate.
Ovviamente non sono le uniche forme di parafrasi possibili: provate a trovare la vostra costruzione
- Mi permetta di riassumere e mi corregga se sono impreciso. Il problema sussiste da circa una settimana, e consiste in ponfi rossi e pruriginosi, a cui si aggiunge una xerosi cutanea. Esclude una disfunzione alimentare. Ha impiegato creme lenitive e corticosteroidi topici a bassa potenza, senza miglioramenti.
- Mi permetta di riassumere e mi corregga se sono dimentico qualcosa di importante. Il problema è di vecchia data, ma all’inizio era solo un fastidio: pelle unta, soprattutto vicino al naso. Da dieci giorni è aumentato il problema, e ha dato una crema (ricorda il nome?).

Se facessimo una classifica di pazienti modello gli italiani non sarebbero certo ai primi posti, lo sappiamo da anni. Sappiamo che gli italiani si auto riducono i dosaggi, terminano le cure prima di quanto ha detto il medico, non rispettano le posologie, … Ora, a tutto questo, si è aggiunta una sorta di auto-riduzione dei farmaci prescritti. Ma il vero problema è che ora tutto ciò che già accadeva, e molto di più, è originato dalle difficoltà economiche in cui versano molti italiani. E se prima le autoriduzioni di posologia o durata della terapia erano frequenti soprattutto nelle patologie acute, oggi la rinuncia alla terapia, o la sua drastica riduzione, avviene soprattutto nelle patologie croniche. E raramente il medico è a conoscenza della situazione: il paziente non ha la forza, o il coraggio, di dichiarare al medico la sua realtà. Ancora una volta, dunque, è il farmacista colui che ha maggiormente il polso della situazione, e che è chiamato, sebbene non ufficialmente, a supportare il paziente. Cosa può dunque fare il farmacista? Il mio parere personale è di creare una vera e propria rete di allerta, sostegno e valutazione che coinvolga il farmacista “di quartiere” e il medico di base, che abbia anche la possibilità di intervento reale nel fornire farmaci a chi, davvero, rinuncia alle terapie per motivi economici. È un sogno, lo so. Rimanendo su azioni concrete credo che il farmacista possa fare molto con le sue capacità di sostegno e consiglio, senza sostituirsi al medico. Credo anche che il futuro sia nello sviluppo di competenze di coaching per il medico e il farmacista. Competenze che permettono di motivare il paziente, supportarlo durante la terapia, finalizzare le cure, e ridurre anche i costi in numerose sfaccettature del sistema sanitario consentendo così di ricavare risorse per fornire terapie totalmente gratuite a chi, altrimenti, non può permettersele. Un sogno anche questo, ma più facile da raggiungere rispetto al precedente.

Non è, ovviamente, mia intenzione dare consigli su rimedi della nonna, antiche ricette o terapie alternative, ma solo riflettere, e farvi riflettere, su come rispondere al paziente che vi racconta di cure di supporto che, a lui, appaiono tanto efficaci. Le situazioni sono molteplici, e i rimedi sono infiniti. Si va dai consigli alimentari alle cure palliative, dai decotti alle sciarpe rosse: si usa di tutto e si sente di tutto. Talvolta sono i rimedi della nonna, altre volte sono antiche ricette lette su qualche rivista di salute, o consigli letti sul web o ricevuti da qualche amico. Siatene certi: la maggior parte dei vostri pazienti fa uso di qualche rimedio, integratore, elemento salutistico o alimento prodigioso, sia che ve lo racconti sia che stia in totale silenzio . Ci sono gli alimenti salutari, le medicine alternative, i rimedi tramandati in famiglia, le pubblicità … È chiaro che il medico dovrà valutare caso per caso, ma ci sono alcune raccomandazioni (dettate dal buon senso, oltre che dallo studio della comunicazione) che valgono sempre. Il primo consiglio è che è sempre meglio sapere tutto quello che il paziente assume o fa, soprattutto se siete il medico di famiglia che tiene le fila della sua storia clinica. Se contestate, sminuite, rifiutate o ridicolizzate ogni rimedio che i vostri pazienti ritengono efficaci ciò che otterrete non sarà l’eliminazione delle aggiunte, palliative o terapeutiche, ma solo e semplicemente il paziente smetterà di raccontarvi ciò che assume . Il secondo consiglio, strettamente correlato al primo, è che l’effetto placebo, nelle sue diverse forme, è un fattore fondamentale per la guarigione, di qualunque malattia. Visto che parliamo di rimedi della nonna citerò le parole di mia nonna, quando mi trovò (avevo circa un anno) a mangiare i chicchi d’uva raccolti da terra poiché non arrivavo ai filari: quel che non strozza, ingrassa. Quello che non fa male, va bene. Imparate quindi ad accettare quei rimedi che non fanno alcun danno, e accettateli di buon grado. Eliminate, invece, drasticamente ciò che è rischioso o, meglio ancora, sostituitelo con qualcosa che sia innocuo o davvero di supporto. Potrete così mantenere alto l’effetto placebo e, contemporaneamente, conservare la fiducia del vostro paziente e un alto livello di dialogo.

Dopo una laurea in chimica e tecnologie farmaceutiche e oltre 20 anni di carriera in aziende farmaceutiche multinazionali, e continuando ad aggiornarmi anche da quando faccio la libera professione, credevo si sapere molto sui placebo e sull’effetto placebo. Ma questo libro mi ha affascinato e fatto fare nuove scoperte fin dalle prime pagine. I suoi pregi sono moltissimi. I pregi pratici: è piccolo, leggero, economico. Può essere messo in borsa e letto ovunque. E anche queste piccole cose non sono da sottovalutare. È scritto benissimo. Si pone l’obiettivo di essere un testo divulgativo, e lo è davvero . Ricchissimo di cultura e di riferimenti storico – letterari – filosofici manca totalmente di pomposità o frasi contorte che spesso si trovano in questo tipo di libri. Qui c’è la cultura vera. Einstein diceva “ Non hai veramente capito qualcosa fino a quando non sei in grado di spiegarlo a tua nonna ”, affermazione che condivido appieno perché chi sa davvero sa anche semplificare i concetti. Fabrizio Benedetti sa. Sa spiegare, sa affascinare. E il libro è anche affascinante per i contenuti, il rigore scientifico. È imperdibile per tutti coloro che lavorano in ambito salute, ed è utile per tutti.

Il titolo completo del libro è Intelligenza emotiva Cos’è e perché può renderci felici. Daniel Goleman è sicuramente il più autorevole esperto mondiale di intelligenza emotiva. Il libro viene talvolta dichiarato “fuori catalogo”, ma vi assicuro che si trova ancora, sia in libreria che per gli acquisti on line. Queste le notizie pratiche. E poi, che dire? È interessante, scritto bene, leggibilissimo. E, soprattutto, imperdibile per chiunque abbia interesse per le relazioni umane, per chi educa, collabora o guida altri esseri umani.